Non so se sia considerato uno dei super-food del momento.
Apro subito una parentesi, perché non riesco a resistere: io rabbrividisco ogni volta che leggo o sento questa parola super-food. Ma che è? Ci stanno i poteri magici dentro? Ok, saranno alimenti particolarmente salutari, ma sia chiaro che a casa mia ogni ingrediente naturale (non mi riferisco certamente a cibi processati) inserito in una dieta bilanciata è potenzialmente un super food. O sbaglio?
In ogni caso, il salmone sembra essere proprio di moda ora. Buonissimo nella sua versione affumicata, magari dalle fredde acque scozzesi o atlantiche, ma anche a mo' di sashimi, in forno o in padella: bastano pochi aromi per avere un piatto ricco di sapore e ovviamente ricco di tutte quelle sostanze che si trovano nei pesci, ma sì, dai, quelle che fanno bene.
Per quello mangiamo pesce, no?
Va beh, io amo il pesce a prescindere dai suoi effetti benefici... :) Che poi salmone e tonno vanno di pari passo, lì, mano nella mano: spesso si trovano in filetti già pronti per essere grigliati o infornati, ai banchi ittici dei supermercati o, peggio ancora, in belle confezione di plastica azzurre, che ricordano il mare. Ormai mi chiedo se il consumatore medio sappia riconoscere un salmone intero, vedendone uno, o se sappia quanto grande possa essere un tonno.
Come avrete potuto notare da queste poche righe, il mio tono è molto accusatorio e sarcastico. Già, perché ogni volta che mettete nel vostro carrello un filetto di salmone o di tonno, credendo di fare una scelta buona, salutare, leggera, sappiate che la metà del pesce acquistato proviene da allevamenti ittici, le cosiddette acquacolture (1).
Vi starete chiedendo cosa ci sia di male in questo, no?
Adesso ci arriviamo.
Mi riferisco a tonno e salmone perché sono oggettivamente tra i pesci più consumati e richiesti al mondo: in qualsiasi All You Can Eat sino-giapponese magari farete fatica a trovare sgombro fresco o calamaro, ma non mancheranno mai sushi con salmone, tonno e, ovviamente, avocado (in compagnia del Philadelphia). Tuttavia gli allevamenti ittici riguardano molte altre specie, compresi molluschi e crostacei: si stima che nel 2015 sia stato prodotto (è da intendersi allevato) tra i 47,997 - 160,506 milioni di pesce. Precisato ciò, negli allevamenti ittici standard, quelli convenzionali, si insidiano molti problemi che difficilmente verranno segnalati in etichetta o nel cartellino giallo in pescheria. Iniziamo con l'elenco?
"Con gli allevamenti si pesca meno dal mare"
I nostri mari hanno sempre meno scorte di pesce (e sempre più plastica, ma questo è un discorso a parte), quindi verrebbe spontaneo pensare che la creazione di più allevamenti ittici possa aiutare la situazione, riducendo la pressione sulle riserve naturali. Purtroppo non è così. Infatti, per nutrire specie carnivore, giust'appunto come i salmoni o le trote, si attinge dai nostri mari, che continuano ad essere presi d'assalto, per prendere i pesci piccolini, il perfetto "mangime". Vi dico solo che per ogni chilo di salmone allevato servono 5 chili di pesce (2): non è assurdo!? Peschiamo pesce per dar da mangiare ad altro pesce che dovrebbe nutrire noi. E non parliamo di creare farina o olio di pesce (largamente utilizzata negli allevamenti intensivi) ottenuta dagli scarti, ma da pesci come acciughe, aringhe e sgombri che potrebbero benissimo essere mangiate dall'uomo. Ecco un vero esempio di uso inefficiente di risorse limitate, come quelle presenti e già sfruttate al massimo delle nostre acque. Aggiungo solo che in certe parti del mondo, soprattutto nel sud-est asiatico dove le acquacolture stanno crescendo rapidamente, si sta pensando di alimentare i pesci da allevamento con tortine ottenute dagli scarti di altri allevamenti, ma non di pesce, bensì di carne. Sono solo io che vedo la pazzia contorta nel volere dare della carne in pasto a dei pesci come salmoni o trote?
"I pesci che NUOTANO nelle vasche"
Se avete una minima idea delle condizioni in cui gli animali sono costretti a vivere negli allevamenti intensivi, allora potete avere anche una minima idea di come vivono i pesci nelle acquacolture intensive. L'immagine romantica del pesce che sguazza e nuota muovendo la pinna qua e là, al ritmo della canzone cantata da Merlino e Semola, è molto lontana dalla realtà - fino a 50.000 salmoni in una sola gabbia (una vasca da bagno per un pesce di 75 cm); Canada, Norvegia, Scozia e Cile sono i paesi principi degli allevamenti di salmone, anche se è l'Asia ad essere al primo posto nella produzione ittica mondiale, coprendo il 90% con carpa, tilapia, gamberi, scampi, rombo e pesce gatto.
Il risultato di queste "gabbie" è che, spesso, troppi pesci rinchiusi in un piccolo spazio e con poco ossigeno si ritrovano con ferite alla coda e alle pinne, e infestati da parassiti. Stressati e affollati, molti pesci di allevamento si ammalano facilmente e la mortalità all'interno delle gabbie è salita particolarmente negli ultimi anni.
L'ironia della sorte in questo caso è che i pesci di allevamento e quelli selvatici si scambiano parassiti, come i pidocchi di mare, e le gabbie diventando una grande minaccia per gli esemplari liberi. I salmoni trasportano naturalmente con sé alcuni parassiti, di per sé innocui, durante le loro traversate dall'oceano verso l'interno per deporre le uova. Il problema è che quando incontrano gli enormi allevamenti ittici lungo fiumi o insenature, questi parassiti si tuffano a capofitto nell'ambiente altamente popolato delle gabbie, trasformando così gli allevamenti in focolai altamente infetti. I giovani salmoni che discendono i fiumi, per la prima volta verso l'oceano, affronteranno l'incontro con i parassiti degli adulti d'allevamento senza le giuste protezioni: molti di loro non sopravvivono.
"È pur sempre pesce, fa bene"
Ed ecco qua una triste notizia anche per chi magari fino ad ora non è stato particolarmente toccato dalla situazione dei nostri mari o non ha particolarmente a cuore il benessere degli animali che alleviamo per nutrirci. Tanto per cominciare i pesci da acquacolture sono molto più grassi rispetto ai loro cugini selvatici, nel caso del salmone atlantico d'allevamento più del doppio. La presenza dei cosiddetti grassi buoni, gli Omega-3*, presenti naturalmente nella carne di pesce, oltre che nelle noci, nei cavoletti di Bruxelles e negli avocado (solo per citarne alcuni), risulta scendere fino al 50% negli esemplari allevati, soprattutto da quando sono stati introdotti nuovi mangimi a base vegetale, come ad esempio la soia.
Purtroppo non è solo una questione di grassi buoni e cattivi. Infatti, in seguito a diversi studi scientifici, è stato riscontrato una concentrazione di sostanze chimiche significativamente superiore nei pesci di allevamento rispetto agli esemplari selvatici. Pensiamo anche solo al colore roseo della carne di salmone o di trota: in natura questa è il risultato di un'alimentazione basata su crostacei e alghe, in allevamento la tinta si ottiene con coloranti sintetici (cantaxantina e astaxantina). (3)
Insomma, alcune tipologie di salmone potrebbero rendere vani gli effetti benefici del mangiare pesce.
"Che fare?"
Questo post potrebbe non aver fine se decidessi di prendere in esame altri aspetti (nocivi) degli allevamenti intensivi ittici in mare (o in terra). Desidero fermarmi qua, sperando di aver innescato la curiosità di leggere e conoscere più a fondo la situazione, ma anche di essere più consapevoli di quello che acquistiamo, per il nostro bene e quello del pianeta.
Ovviamente non tutti le acquacolture sono intensive: cercate etichette che certifichino il biologico. Fate del vostro meglio per evitare le specie come salmone, trota e merluzzo (o halibut), perché spesso allevato pescando dal mare pesci piccoli, come le acciughe. Il salmone selvatico (come quello dall'Alaska), se pescato in modo sostenibile, è una prelibatezza unica che però deve essere trattata come tale, soprattutto considerato il sempre più delicato habitat in cui riescono a sopravvivere.
Tonno e salmone non sono le uniche opzioni.
Quando vado dal pescivendolo chiedo sempre cosa c'è di fresco, sottolineando "niente salmone e tonno" (davvero inflazionati). Cosa comprare allora? Ora che siamo in estate possiamo optare per una bella sogliola, un'orata, la spigola, una ricciola e molto altro.
Se volete una lista ancora più succulenta, il sito di Slow Fish offre una guida dettagliata e pratica all'acquisto responsabile.
In ogni caso, per il pesce, così come per la carne, vige la regola del buon senso. Siamo oltre 7.700.000.000 su questo pianeta. È vero, non tutti hanno accesso a carne e pesce nella misura in cui abbiamo accesso noi, in Italia, in Europa e nei paesi in via di sviluppo. Dunque, siamo proprio noi che possiamo fare la differenza scegliendo di ridurre il consumo di pesce e carne, supportando lo slogan del "meno, ma di miglior qualità" (inteso sia a livello organolettico, salutare, ecologico e di rispetto del benessere animale). Cerchiamo di comprare il famoso pesce povero, quello spesso e volentieri bistrattato, e cerchiamo di informarci sulla provenienza della materia prima che acquistiamo. Se non avete a cuore il futuro del nostro ecosistema, spero almeno decidiate di farlo a beneficio della vostra salute.
Se le mie poche righe vi hanno incuriosito e desiderate conoscere di più sull'argomento, vi consiglio un libro che ho appena finito di leggere: Farmageddon, scritto da Philip Lymbery. Un'analisi profonda dello stato attuale degli allevamenti e dell'agricoltura intensiva: attraverso viaggi in Asia, in Sud America, in USA e UK (ma non mancano menzioni di altri paesi europei, tra cui anche l'Italia), Philip cerca di capire se il sistema alimentare moderno, quello sviluppatosi a seguito della Green Revolution, abbia portato dei benefici o se, in fondo, sia solo un circolo virtuoso dove gli unici a guadagnarci sono le grandi industrie.
Fonti e note:
* gli Omega-3 sono acidi grassi essenziali e che quindi dobbiamo introdurre attraverso la dieta per mantenerci in buona salute, in quanto il nostro organismo non può sintetizzarli.
(1) il 47% del pesce pescato proviene da allevamenti, il 75% del salmone mangiato proviene da allevamenti.
Fonte: FAO. 2018. The State of World Fisheries and Aquaculture 2018 - Meeting the sustainable development goals. Rome. Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.
(2) Slow Food, Mangiamoli Giusti, Miniguida per combinare piacere e responsabilità
(3) Farmageddon. Philip Lymbery. 2014
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