E' il titolo di uno dei miei libri preferiti, uno di quelli che mi ha portato allo studio delle scienze gastronomiche. Con "Il dilemma dell'onnivoro" Michael Pollan, che insegna alla Graduate School of Journalism presso l'Università di Berkeley (California), si addentra nel nostro sistema alimentare più profondo, cercando di mettere in luce filiere ormai difficili da comprendere e complicate da ricostruire. Il libro tocca diverse tipologie di produzioni, dal campo alla tavola, mettendo a confronto sistemi opposti; per ogni produzione Pollan ci racconterà il suo viaggio alla scoperta delle tre catene alimentari principali: quella industriale, quella del biologico e quella tradizionale, intesa come caccia e/o raccolto.
Come sottolinea lui stesso nell'introduzione,
...anche un barattolo di Nutella ha un ruolo di collegamento tra noi e la natura.
Premesso ciò, il libro vuole rispondere ad una domanda, all'apparenza semplice, con una spiegazione articolata e profonda: cosa mangio per pranzo?
Ed ecco che si rivela a noi il dilemma dell'onnivoro: cosa mangio? Cosa scelgo?
C'è chi sarà in dubbio se scegliere semplicemente tra pasta al pomodoro o pasta ai formaggi, c'è chi invece si chiederà dove e come è stato allevato e macellato quel pollo intero che vorrebbe cucinare per cena. Il dilemma ha sfumature diverse in base sì ai nostri valori etici, ma soprattutto in base alla nostra conoscenza del sistema alimentare moderno.
Questo è ciò che penso e che spero: se più persone fossero consapevoli di come le nostre scelte alimentari possano ripercuotersi sul nostro futuro, faremmo più attenzione a cosa mettiamo nel nostro piatto. In questo caso, credo che la conoscenza, l'informazione e il sapere possa renderci liberi. Che dite, sono troppo naive?
Bene, ecco perchè oggi voglio apertamente parlare di quello che è il mio dilemma dell'onnivoro, di quali domande mi faccio ogni volta che penso al cibo, a cucinare, a quali ingredienti acquistare.
Essere pienamente consapevoli o anche solo porsi domande, avere dubbi, su quale sia la posta in gioco quando si mangia può sembrare eccessivo, ma cambiare il futuro in meglio a piccoli passi include anche essere più sensibili e responsabili verso ciò che portiamo in tavola.
Molti si accontentano di mangiare senza pensare.
Quello che cerco di fare io nel mio piccolo è esattamente il contrario e, benchè questo atteggiamento possa sembrare eccessivo, vi assicuro che porta a grandissimi piaceri, quelli che solo il cibo buono, pulito e giusto può regalare.
Un onnivoro responsabile
Ad oggi sono ancora un onnivoro, o meglio dire flexitariana (la rete mi eticherebbe così).
Questo significa che introduco nella mia dieta sia proteine vegetali che animali, anche se quest'ultime nel modo più coscenzioso e responsabile possibile.
Sono solo uno o due pasti a settimana a base di carne e altrettanto quelli a base di pesce. Mi focalizzo sul semplice detto "poco ma buono" e più ecologico possibile.
Quando acquisto della carne bianca, il 99% delle volte acquisto un pollo intero, allevato a pasco libero e preferibilmente biologico o direttamente dal macellaio di fiducia. Acquistare un pollo intero significa meno sprechi, sia nei confronti dell'animale morto per nutrirci e soddosfare i nostri piaceri della tavola, che verso gli involucri utilizzati per impacchettare il prodotto stesso. Cucino il pollo intero al forno oppure mi esercito a disossarlo nelle sue parte principali, congelarle e usare la carcassa per farci un brodo da utilizzare alla prima occasione utile.
Prediligo carne locale, sempre. Ricordo ancora di aver trovare allo Spar sotto casa, nella sezione dei prodotti in scadenza, quindi scontati, un bel pezzo di filetto di angus. Sull'involucro scintillava la scritta "confezione a plastica ridotta". Senza leggere ulteriori etichette, chiunque sarebbe stato convinto a portarsi a casa il pezzo di manzo, pensando di aver fatto del bene al pianeta: sarebbe bastato leggere l'etichetta posteriore per scoprire che quei 200g di carne arrivavano dall'Australia. Di quale sostenibilità stiamo parlando? La plastica, purtroppo, non è l'unico demonio da sconfiggere. Noi consumatori siamo la chiave per capovolgere la situzione di oggi, con maggiore consapevolezza, attenzione e senso critico.
Acquistare pesce povero, pescato o proveniente allevamenti certificati come sostenibili. No alle specie inflazionate come salmone, pesce spada o tonno per nominarne solo alcune.
Investite a supporto di produttori e progetti di allevamento e/o agricoltura ecologica e sostenibile. Simon, il mio fidanzato, ha fatto un kuhinvestment che in italiano significa letteralmente "investimento in mucca". Attraverso il progetto Natur Konkret è possibile investire nel progetto stesso attraverso l'adozione di una mucca delle Highlands o alpina, di un maiale ungherese, di una gallina o investire in grano. L'investimento è triennale o quinquennale: ogni anno si potrà acquistare direttamente dal loro shop online per un valore superiore alla somma investita inizialmente. In questo modo non solo si supporta un progetto locale volto alla protezione della natura, al benessere animale e alla produzione di alimenti ecologici e sostenibili, ma si acquistano deliziosi prodotti, buoni per la salute e per il palato.
Infine, come già ribadito in passato, faccio del mio meglio per ridurre lo spreco di cibo a casa così come al ristorante. Vi ricorderete forse l'episodio del pranzo luculliano in Sardegna, quest'estate 2020, e di come sia rimasta sconvolta nel vedere riportati in cucina vassoi ancora colmi di porceddu.
Premesso questo, spesso mi chiedo se dirigermi verso una dieta vegetariana, ma non è solo il pensiero della tradizione a fermarmi (la tradizione, come la cultura, evolve con il tempo e con la società stessa), ciò che tengo sempre a mente, anche quando scelgo che carne e pesce acquistare, sono i piccoli produttori, allevatori, casari e pescatori che ogni giorno si fanno il mazzo per lavorare in rispetto della natura e non contro di essa. Produttori che spesso passano in sordina, eppure sono là, a lavorare duro e a darci prodotti non solo deliziosi ma dall’alto valore etico. Per loro e per la possibilità di essere un “onnivoro” consapevole, decido per ora di continuare a mangiare carne e pesce. Certo i prezzi sono diversi, ma è anche questo il punto: meno carne e meno pesce, ma di qualità (gustativa, etica ed ecologica). Ricordiamoci che un'agricoltura integrata, dove piante, animali e umani convivono in armonia è possibile, non è utopia; in quelle realtà ogni elemento è essenziale.
Inoltre, non dimentichiamo che anche essere vegetariano e vegano porta con sè scelte consapevoli: non basta acquistare solo prodotti plant base per essere più ecologici. E lo dico perché uso lo stesso metodo anche quando acquisto verdura, frutta, legumi e veggie Burger. Chi produce questi prodotti? Il latte vegetale più ecologico qual è? Certo non quello di soia e di mandorla, che sono i più comuni, a meno che non vengano prodotti da chi coltiva gli ingredienti senza ogm, pesticidi e con la rotazione del raccolto. Tuttavia chi non può permettersi il latte di soia BUONO, PULITO E GIUSTO, sceglierà il più economico. Le monoculture di mandorla e soia in molti paesi (anche in europa) sono devastanti per animali e insetti impollinatori. L’avena, allora, potrebbe essere la scelta migliore in termini di sostenibilità, gusto e nutrizione. O ancora: consumare spesso avocado, per esempio, è tutt’altro che sostenibile, a meno che non si scelga (da italiani abbiamo questa possibilità) di acquistare dalle produzioni siciliane. In sud e Centro America, l’alta richiesta di questo frutto, come altri, sta provocando la perdita di biodiversità di altre colture tradizionali a favore di monocolture di avocado.
Quello che dico è che onnivori, vegetariani e vegani possono tutti contribuire ad un mondo migliore, è importante però mantenere la mente aperta e poter avere una visione ampia del nostro sistema alimentare, capitalista, globalizzato e consumista. Sosteniamo invece produttori, allevatori e agricoltori che come noi hanno a cuore l’etica, la sostenibilità e la natura.
Cucinare in casa
Niente come preparare certi alimenti in casa mi fa sentire più libera e indipendente.
Avere il totale controllo della scelta degli ingredienti mi permette di non dover preoccuparmi di leggere etichette o di cercare lo yogurt dal barattolo in vetro.
Il mio pane ha solo quattro ingredienti: farina, acqua, lievito madre e sale. Provate a leggere le etichette dei pani confezionati: quanto è lunga la lista? Ecco, sappiate che per fare il pane non serve altro. Ok, ok, anche amore e passione, va meglio così?
Decidere di preparare lo yogurt in casa mi permette di scegliere il latte che prediligo e di riutilizzare lo stesso contenitore in vetro all'infinito. Sperimentare con fermentazioni come kimchi o kombucha (ideale da sostituire alle bevande zuccherine come Coca Cola & Co.) mi elettrizza. Non faccio tutto in casa, non ancora, ma sogno in grande e inizio con piccoli passi.
Condivido con voi la mia bucket list dei prodotti casalinghi:
- pane: ci siamo
- pizza: ci siamo
- yogurt: ci siamo
- ricotta: primo tentativo fallito, usando il siero rilasciato dallo yogurt (si accettano consigli!)
- birra: un giorno saremo una cosa sola...
- kombucha: da migliorare
- kimchi: ci siamo
- crauti: primo tentativo con cavolo viola, gné. Da migliorare
- sottaceti: da collaudare un metodo insegnatomi anni fa
- miso: eseguito solo una volta con un compagno di università giapponese. Non semplice, anche solo per reperire gli ingredienti necessari, ma non demordo.
Michael Pollan, nel suo altro capolavoro "In Difesa del Cibo", consiglia di muoversi nel marasma del cibo moderno tenendo bene a mente questo semplice ma efficace concetto:
“NON MANGIARE NULLA CHE LA TUA BIS-BISNONNA NON RICONOSCEREBBE COME CIBO"
Chiariamo subito. Benchè non sia stata cresciuta a merendine e Coca-Cola e, di conseguenza, non abbia mai acquisito l'abitudine di comprare questi prodotti perchè siano sempre presenti nella mia dispensa, anche io bevo sporadicamente una Coca o compro il pacchetto di pretzel di turno; sono umana quanto voi e non posso/voglio fare la ramanzina a nessuno, dicendo di rifiutare bibite gassate e merendine confezionate come se fossero la morte, mentre io stessa mi tolgo di tanto in tanto quella strana voglia di mangiare... beh, male!
Tuttavia, nella mia spesa settimanale non c'è mai qualcosa che contenga olio di palma, margarina e ingredienti che sono più lunghi del supercalifragilistichespiralidoso o che si presentano sottoforma di codice (i famosi E numerati).
Infine mi assicuro di comprare prodotti che siano 100% italiani, quando il buon senso mi dice che non c'è motivo per cui non lo siano.
Pasta? Prodotta in Italia da GRANO 100% ITALIANO.
Sughi? Prodotto in Italia da POMODORI 100% ITALIANI
Latte? Beh se sono in Italia, avete capito come continua, qua in Svizzera vado con il regionale della regione di Appenzell.
Idem per la carne.
Le etichette stanno diventando sempre più trasparenti e sono la nostra migliore arma per scegliere come e cosa mangiare. Leggerla è un dovere, saperla leggere è fondamentale (potrebbe essere il tema di un prossimo articolo, una guida alla lettura delle etichette).
Gli artigiani del cibo
Un altro dilemma a cui spesso penso o che condivido con amici, anche loro appassionati di gastronomia, è il seguente:
preparare il cibo in casa vs. supportare i piccoli produttori, artigiani e ristoratori
Mi spiego meglio.
Se da una parte sostengo che essere in grado di preparasi in casa pietanze e prodotti base della nostra alimentazione sia il modo migliore per controllare cosa mangiamo, dall'altra realizzo anche che, se fossimo tutti homecook, non esisterebbero più i panettieri, i casari, i birrifici artigianli, le osterie, gli agricoltori, ecc.
Ecco che allora anche in questo caso, come d'altronde tutto nella vita, è una questione di equilibrio.
Perchè ho la passione di panificare in casa con la pasta madre, non significa che lo debbano fare tutti. Sogno di imparare a fare la birra, ma fino ad allora e anche in seguito, non dimentico di supportare le piccole produzioni artigianali.
Se da una parte studio per avere la mia piccola food forest nel giardino del nuovo appartamento che abbiamo acqusitato, dove possa raccogliere i frutti della mia terra, dall'altra so che non posso dimenticarmi delle aziende agricole che hanno bisogno del contributo di tutti noi.
Mangiare nei nostri ristoranti o osterie preferite è quindi molto più che trascorrere una serata di piacere e gioia. E' un silenzioso "io credo in voi".
Non ho la soluzione a portate di mano. Non posso rispondervi "è sufficiente comprare il 40% dei prodotti alimentari dai piccoli produttori, mangiare 2 volte al mese nella vostra osteria preferita e preparare pane e yogurt a casa per cambiare il nostro sistema alimentare".
Però so che dialogare, porsi domande, avere dubbi e chiedersi come poter essere un essere umano migliore è un enorme passo in avanti verso un futuro più consapevole e in rispetto del pianeta che ci ospita.
Ribadisco un concetto fondamentale: io stessa vivo ancora una quotidianità fatta da contraddizioni, imperfezioni, dubbi su come agire al meglio, ma sono convinta che piccole azioni imperfette e ricche di buoni intenti siano sempre meglio dell'omertà, del far finta di nulla, del nascondere la testa sotto la sabbia.
Sensibilizzare su queste tematiche diventa per me un dovere.
Se siete curiosi di conoscere di più, di capire come funziona il sistema alimentare moderno e quali sono le alternative, vi consiglio di leggere libri e di guardare documentari sull'argomento.
Qua di seguito vi lascio alcuni nomi, ma, perchè no, in futuro potrei lasciarvi recensioni sugli stessi, scritte o in video.
Libri:
Michael Pollan, Il Dilemma dell'Onnivoro
Michael Pollan, In Difesa del Cibo
Philip Lymbery, Farmageddon, il vero prezzo della carne economica
Massimo Montanari, L'identità italiana in cucina
Carlo Petrini in conversazione con Gigi Padovani, Slow Food, Storia di un'utopia possibile
Vandana Shiva, Chi nutrirà il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio
Documentari:
Symphony of the Soil, by Deborah Koons Garcia
Cowspiracy, by Kip Andersen & Keegan Kuhn
Rotten, Serie Netflix dedicata a diverse produzioni alimentari
The Biggest Little Farm, by John Chester
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